Un fungo indica la strada verso materiali più forti e leggeri

Le proprietà del fungo dell’esca, di recente scoperta, rappresentano una fonte di ispirazione per alternative biodegradabili alle attuali plastiche e ad altri materiali.

Quando si pensa a un materiale forte e duro, un fungo non è la prima cosa che viene in mente. Sostenuti in parte dai progetti FUNGAR e iNEXT-Discovery, finanziati dall’UE, alcuni ricercatori hanno scoperto alcune sorprendenti proprietà nel fungo Fomes fomentarius che potrebbero in futuro condurre a un’alternativa naturale e biodegradabile ad alcune plastiche. Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista «Science Advances».

Comunemente noto con il nome di fungo dell’esca o fungo esca del fuoco, F. fomentarius cresce sui fianchi di varie specie arboree, che infetta mediante fessure nella corteccia causandone la putrefazione. Come suggerisce il nome, il fungo è tradizionalmente impiegato come esca per accendere il fuoco, ma ha trovato un ulteriore utilizzo nella realizzazione di vestiti e medicinali. Attualmente, in base alle proprietà recentemente scoperte, potrebbe ispirare lo sviluppo di nuovi materiali ultraleggeri ad alte prestazioni.I funghi presentano una struttura simile alle radici chiamata micelio, composta da una massa ramificata, filamenti filiformi noti con il nome di ife che si propagano attraverso il suolo o i materiali in decomposizione. Il team di ricerca ha scoperto che nel fungo dell’esca, la struttura simile alle radici può essere suddivisa in tre strati distinti. «Il micelio è la componente primaria in tutti gli strati», riferiscono gli autori nel loro studio. «Tuttavia, in ogni strato, il micelio presenta una microstruttura decisamente distinta con un orientamento preferenziale, un rapporto di aspetto, una densità e una lunghezza dei rami unici.»

Gli studi condotti sui tre strati hanno raccolto le seguenti informazioni: uno strato esterno protettivo duro e rigido, o crosta, al di sotto del quale si trova uno strato coriaceo e morbido, simile a schiuma, seguito da una pila di strutture tubolari cave chiamate tubi imenofori. Come descritto in una notizia pubblicata su «ScienceAlert», alcune parti del fungo dell’esca «erano forti come il compensato, il pino o il cuoio [...] pur essendo molto più leggere di questi materiali».

È emerso che la crosta, che compone solo il 4 % del corpo fruttifero (la struttura che contiene le spore) del fungo, era il più denso e il meno poroso dei tre strati. I ricercatori hanno inoltre scoperto che lo strato tubolare meno denso e più poroso, che rappresenta circa il 69 % del corpo fruttifero, è in grado di resistere a forze maggiori rispetto allo strato schiumoso senza subire grandi dislocazioni o deformazioni.

«Ciò che è straordinario è che, con cambiamenti minimi alla morfologia cellulare e alla composizione polimerica extracellulare, questi funghi danno vita a diversi materiali con prestazioni fisico-chimiche distinte in grado di superare gran parte dei materiali naturali e artificiali che si confrontano generalmente con compromessi a livello di proprietà (ad esempio, un peso o una densità maggiori per una maggiore forza/rigidità/robustezza)», scrivono gli autori.

Con l’ausilio dei progetti FUNGAR (Fungal architectures) e iNEXT-Discovery (Infrastructure for transnational access and discovery in structural biology), questi risultati potrebbero ispirare lo sviluppo di materiali multifunzionali superiori per applicazioni nel campo medico e dell’industria. «Riteniamo che i risultati possano attirare un ampio pubblico nel campo della scienza dei materiali e non solo», osservano gli autori.

Per ulteriori informazioni consultare:

sito web del progetto FUNGAR

sito web del progetto iNEXT-Discovery


ultima data di modifica: 2023-03-03 19:30:01
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